Rebranding e Twitter. Quando ha senso cambiare nome?

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Il rebranding di Twitter ha acceso un vasto dibattito tra gli esperti di comunicazione. La maggior parte di questi crede che Musk abbia commesso un errore perché, cambiando nome al social dell’uccellino, disperde un capitale d’immagine inestimabile. Altri invece credono che la diffusione del social e la notorietà del suo nuovo proprietario sia tale da non temere significativi contraccolpi. Tutti ci siamo fatti un’opinione in merito, se non sotto l’aspetto strettamente tecnico, almeno sotto quello emozionale. Non è un dettaglio però, perché questo ha molto a che vedere con la comunicazione.

Quando ha senso il rebranding?

L’occasione ci è utile per capire quando il rebranding possa avere senso, se non addirittura risultare utile. Osserviamo da anni a una tendenza di grandi operatori a rimodulare i loro brand, anche se non nel modo drastico e radicale che ha scelto Musk. Correggere, snellire e ammodernare il logo è la pratica più diffusa, ma non si tratta di vero è proprio rebranding.

Cambiare nome e logo significa sostanzialmente cambiare identità, e ha senso quando si vuole trasmettere un forte senso di discontinuità con il passato. Avviene continuamente, e comprensibilmente, in occasione di fusioni, cessioni di rami d’azienda, rifondazioni. Mentre è più raro vedere un operatore economico che improvvisamente decida di mutare completamente i suoi connotati.

Superamento o rifiuto?

Il rebranding di Twitter o più correttamente, ormai, di X è stato dirompente per modalità e tempi oltre che per sostanza. Più che un segnale di rinnovamento, di superamento di una stagione e di ripartenza è apparso come un rifiuto, un sfregio alla comunità degli utenti che a quel marchio ha fatto riferimento per anni. Un’altra particolarità dell’intera vicenda riguarda infatti le reazioni degli iscritti, che sono state tutt’altro che tenere.

Poco tempo fa anche Facebook, sia pure a un diverso livello e in ben altro modo, ha cambiato nome in Meta. Ed anche in quel caso si sono levate perplessità. Tuttavia la comunità degli utenti non ha percepito quel cambiamento come una prepotenza se non addirittura un abuso. Di certo Elon Musk non considerava Twitter un’azienda senza valore quando l’ha acquistata, ma quel che è certo è che ha ritenuto quel valore assolutamente indipendente dal marchio. Se avrà avuto ragione lo dirà il tempo.

 

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