Le star contro Trump? Fanno un regalo al tycoon

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Otto anni fa, quando era Obama a guardare con speranza alla Casa Bianca, alcune celebrità americane prestarono volto e voce alla campagna del futuro presidente.  Il risultato fu di ottimo gusto e di straordinaria efficacia comunicativa. “Yes we can” non risuonò più solo come un indovinato slogan elettorale, ma come il verso di una canzone portatrice di un messaggio gradevole e positivo.

Alcune delle stesse celebrità, due mandati presidenziali dopo, ancora una volta non hanno esitato a partecipare alla campagna elettorale. Anche in questa occasione lo sforzo è stato prodotto nell’interesse della candidatura democratica, ma con un risultato molto diverso: il messaggio è declinato in senso negativo e punta a mettere in guardia dagli elettori dai danni che il candidato Repubblicano, Donald Trump, potrebbe arrecare agli Usa se fosse eletto Presidente.
«Una malattia», così viene definito il tycoon, «un vigliacco abusivo e razzista, che può danneggiare permanentemente le fondamenta della nostra società». A prescindere da quanto possa essere condivisibile, il messaggio è confezionato nel modo peggiore possibile e paradossalmente può finire per avvantaggiare il repubblicano, assetato di visibilità.

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